Chiellini “Mi sento in debito con la Juve”

Giorgio Chiellini da TuttoSport.com

In una lunga intervista a La Stampa, Giorgio Chiellini analizza il momento bianconero:

Giorgio Chiellini, la Juve è ancora unita?
«L’ho detto dopo Bologna e Lecce, le partite che mi restano sullo stomaco, e lo ripeto ora: magari con il Milan non c’è stato un gioco spettacolare, ma era pur sempre la prima in classifica, e con più uomini rispetto alla Champions».

Non avete tirato in porta.
«Fossimo arrivati da due vittorie, sarebbe stato diverso: la tensione ti porta via energie, e fluidità di gioco».

Riesce a guardare la Champions in tv o le dà fastidio?
«A volte ti girano le scatole, ma mi piace il calcio: guardo la serie B, figuriamoci la Champions».

Dove si ritrova la fiducia?
«Credo che questa settimana stia tornando, forse per l’ambiente o per qualcosa dentro di noi. Poi è chiaro che ci servono punti e vittorie. Ma s’è ritrovato il sorriso e la voglia di non stare troppo a pensare».

Troppe chiacchiere?
«Dopo un po’, servono i fatti. E ho visto la voglia di fare un respirone e andare oltre».

Cosa vi siete detti con Elkann e Agnelli?
«Una visita che ci ha fatto piacere: ci siamo parlati, ribadendo la voglia di guardare avanti e di finire nel miglior modo possibile».

«Reagire senza perdere la testa», ha detto: cambiare allenatore è perderla?
«Alla fine, raramente è la medicina: dobbiamo esserlo noi. Rivedendo le partite, si nota che dopo lo svantaggio c’è mancata lucidità. Ognuno ha provato a reagire, ma bisogna fare le cose nel modo giusto».

Dieci gol in sette partite?
«Troppi».

Ranieri, Ferrara, Zaccheroni, Delneri: tutti sbagliati?
«Sono sempre stato il primo ad assumermi responsabilità e a pensare che le colpe sono da dividere. Poi si sa che nel mondo del calcio è più facile cambiare un allenatore che venti giocatori. Ma bisogna rendersi conto di quante sono le responsabilità di una persona: a me piace l’idea di vedere cosa uno può fare di più, prima di prendere una decisione. Cercare il capro espiatorio, allenatore, giocatore, dirigente che sia, non porta mai da nessuna parte».

Delneri rischia di essere un capro espiatorio?
«Lo è già stato, leggendo in questi giorni. O così è stato indicato in certe situazioni: sono contento che non si sia arrivati fino in fondo».

Per Moratti è ridicolo dover andare in Figc per lo scudetto 2006: che ne pensa?
«Resto della mia idea: gli scudetti li abbiamo vinti sul campo. Detto questo, credetemi, il processo non l’ho più seguito, e non voglio farlo perché, tra virgolette, non mi interessa. Non che non sia importante, ma perché a me quello scudetto resterà sempre».

Ibra ha detto che nessuno deve ridargli ciò che è sempre stato suo: concorda?
«Sottoscrivo in pieno».

Sullo stato della Juve ha inciso più Calciopoli o gli errori?
«Calciopoli è stato uno spartiacque importante, che ha cambiato le gerarchie del calcio italiano, mi sembra innegabile. Poi errori se ne fanno e se ne faranno, speriamo sempre il meno possibile, a partire da noi che andiamo in campo».

Cosa vuol dire ai tifosi?
«Che siamo i primi a essere dispiaciuti e a stare male per come sta andando la stagione, al di sotto delle nostre aspettative e delle loro. Anche in questo momento, da quando mi sveglio a quando vado a letto, il pensiero è a quello che faccio. A prescindere da qualsiasi risultato o obiettivo, e parlarne ora è prendersi in giro, dico che c’è l’impegno a finire nel miglior modo possibile: da parte mia e dei miei compagni».

Non resta che giocare per salvarsi l’anima e l’onore?
«Quello è alla base di tutto. E il minimo, in ogni partita, di ogni sport. Puoi vincere o perdere, ma devi uscire dal campo avendo dato tutto. Sabato sono andato a salutare i tifosi perché loro come noi, avevano dato tutto. Poi il coro durante la partita ci sta: la delusione è tanta, ed è un modo per sfogarsi. L’unica cosa che non deve capitare è non aver dato tutto, quello che ci ha sempre chiesto anche il presidente».

Da Cesena cosa si aspetta?
«Carattere e intensità. E tornare alla vittoria».

Si sente in colpa?
«Mi sento in debito con la Juve».

Un obiettivo che vi resta?
«Dare l’idea di meritare di stare in questa squadra: alla fine dell’anno, il bilancio si fa per tutti. Uno può rimanere per dieci anni o andare via, però credo sia importante fare il massimo che potevi fare».

Se fosse il presidente e la stagione finisse adesso?
«Ci sarebbe qualcosa da cambiare, quello è sicuro».

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