Qualche settimana fa avevamo commentato le prime reazioni (leggi qui) all’esordio del Brasile nei Mondiali disputati in casa. La vittoria per 3-1 contro i croati non aveva convinto tanti osservatori, e in particolare i milioni di tifosi dietrologi italiani (dal direttore di Rai Uno all’ultimo avventore di un bar), per i quali il rigore assegnato alla squadra ospitante era il chiaro segnale che le cose dovessero andare in un certo modo, per ragioni sportive, ma anche sociali e politiche, si sa, dai… insomma ci siamo capiti, deve vincere il Brasile.
Spiace dirlo, ma anche diversi tifosi juventini hanno cominciato ad alimentare sospetti: in Italia no, ma ai Mondiali sì, lì favoriscono qualcuno. La tesi è davvero troppo debole, difficile da difendere anche per un tifoso come me: se alcuni tornei vengono decisi dal mitico (e da noi tanto deriso) Palazzo, perché in Italia no? Ovviamente, invece, il Mondiale, così come il Campionato, lo vince chi lo merita, la più forte, magari la più fortunata. Non certo chi decide il leggendario Palazzo.
Ecco, ora hanno il Cile agli ottavi. Attenti cileni, arrivano i regali. Ovviamente, nulla di nulla: semmai, un gol annullato a Hulk per stop tra il petto e il braccio. Al contrario, superfluo evidenziarlo, sarebbe l’ennesimo scandalo, la prova provata di quanto già era evidente; così, invece, niente da sottolineare. Si finisce ai rigori: vincono i padroni di casa dopo quasi tre ore di grande sofferenza, e alcun aiuto esterno.
Quarti di finale, sfida alla Colombia: poveri colombiani, vittime predestinate di disegni superiori e ostili. Il Brasile gioca bene, vince 2-1, e anche qui l’arbitro non decide nulla. Anzi: il duro fallo di Zuniga che costa l’infortunio a Neymar non vale neanche un giallo, mentre un tentativo di Thiago Silva di non fare rinviare il portiere viene punito con l’ammonizione e la conseguente squalifica. Blatter distratto, si capisce.
Ora li risarciranno: in semifinale con la Germania, ecco che viene infatti inviato il killer Moreno, quello che ha fatto uscire l’Italia (ovvio, no?) e viene premiato con una partita così importante. Uno, due, tre, quattro, cinque, sei e sette gol. Tedeschi. In mezzo, i brasiliani chiedono (immotivatamente, per disperazione più che per reale convinzione) due o tre calci di rigore, ma non vengono mai accontentati, neanche per consolazione.
Brasile a casa, che poi in fondo ci era già. Ha vinto la più forte, quella che ha meritato, ci ha creduto di più, non si è lagnata delle assenze (vedi Reus), è stata attenta e concentrata per novanta minuti. Era più forte, tranquilla, sentiva meno la pressione, eccetera eccetera.
Ancora una volta, per l’ultima volta: il calcio è semplice, bellissimo, a volte anche imprevedibile. Si può vincere contro i più forti, perdere contro squadre più deboli ma più concentrate, o che corrono di più, o più spensierate.
Ma non è roba per dietrologi falliti. Che, incredibile a dirsi, anche oggi ostentano tracotanza: “il Brasile era troppo scarso per vincere, dai, si è sempre saputo”.
Caro Brasile, eccoti un motivo di consolazione: tu non devi sorbirteli più, mentre noi ripartiamo tra un mese, a sentirli lagnarsi di squadre che si scansano, ammonizioni scelte dal Palazzo e così via.
Non sei ridotto poi così male, Brasile mio, fidati di me.
di Massimo Zampini
Fonte: Juventinibus.com